tortellini dall’amico fitz in patagonia

Nave, traghetto, ferry, barca, lancha, qualunque sia il suo nome, possiamo dire che per noi il navigare ha segnato i momenti più salienti di questo viaggio. Le notti sui sedili, o sulla moquette, diventano notti impagabili, non che succedano cose fuori dall’ordinario, ma è proprio questa la cosa straordinaria, la naturalità e la lentezza del succedersi degli eventi. L’avvicinarsi timido di Emilio, piccolo cileno di sei anni, che dopo due minuti ti chiama Tia e disegna il suo Don Baldo solo per te, l’arrivare in sordina alle porte di un villaggio che si aggrappa disperatamente agli scogli, il guardare gli altri passeggeri che guardano ormeggiare e poi salpare malinconicamente il bisonte di ferro, il conoscere altri viaggiatori e parlare della nostra e della loro trepidazione dell’imminente rientro a casa, il camminare su e giù per il ponte e raffreddarsi al vento patagonico iniziando a riconoscere da lontano i ghiacciai più immensi e via così all’infinito…La buena onda si vede dal mattino e con il nostro arrivo a Chacabuco ne abbiamo avuto la prova; quello che avevamo calcolato come uno dei momenti più lenti e tormentati del nostro passaggio in Patagonia si è rivelato snello, rapido e senza intoppi. Dal porto un bus rapido per Coyaique e poi verso Cochrane e poi ancora alla nostra meta, Tortel. Remotissimo villaggio abbarbicato su un fiordo e attraversato da più di sette chilometri di passerelle in legno, sulle acque di un azzurro torbido per lo scioglimento dei ghiacci e forse per un sistema fognario ancora non proprio impeccabile, ci fa faticare per percorrerla, ma ci consola eccellentemente con Bertha, negli anni ’50 tra i primi tortellini pionieri e ottima albergatrice. Con molta grazia e delicatezza conosciamo Paoli, l’uomo delle Alpi, gran camminatore e grande energia, e ci dimostra ancora una volta che c’è una parte di italiani che viaggia e quando viaggia lo fa con una intensità unica e puramente italiana. E poi giù ancora verso il confine argentino verso El Chalten. Il passaggio comprende un bus mai arrivato sostituito da un pick up stracarico, una barcaza con attraversamento di mezz’ora di una laguna, e poi tre ore per arrivare a Villa O’Higgins che ci avvicina sempre di più all’attraversamento a piedi (sette chilometri nella foresta) della terra senza nome tra la frontiera Cilena e quella Argentina.

Con l’attraversamento della Laguna del Desierto arriviamo a El Chalten, una cittadina piena di soli turisti e albergatori argentini. Qui il primo scontro notturno con i numerosi e rumorosi israeliani (proprio il giorno dopo il riconoscimento Onu della Palestina) e iniziamo a capire come persone (probabilmente perché spesso viaggiano in gruppo reduci da tre anni di militare), anche nel viaggio si mostrano piuttosto “invadenti”.

Dimentichiamo la notte e il giorno lo dedichiamo al Fitz Roy, che splendidamente roccioso si sporge tra le nuvole in tutta la sua potenza, lo spettacolo vale le otto ore di camminata (il sendero de Los Tres). Compagni già del passaggio di frontiera sono due cileni con la “C” maiuscola, retti, precisi, un po’ tedeschi, perseveranti e benestanti. Sono due Chisesiologi, e sì perché in Cile, la chinesiologia è una pratica di routine, normale, conosciuta come fossero medici di base, mentre in Italia ancora confondiamo la Kinesiologia con la Chinesiologia. Con Ada e Christian c’è una rapporto strano, sono lo specchio di quello che noi, come professionisti, vorremmo ci si riconoscesse in Italia, ma chissà, per quale motivo non accade, pagamenti puntuali, riconoscimento della professionalità, lavoro in equipe, consapevolezza delle percentuali d’imposta dedicate alla sanità pubblica…tutto quello che ci immagineremmo per un Paese come l’Italia, e invece parliamo del Cile…

Con loro ci spostiamo a Calafate, altra meta, dicono imperdibile, della Patagonia Argentina, per viversi da vicino quello che viene definito tra i più bei ghiacciai del Sud America, quando in realtà scavando si scopre che è il terzo in ordine di grandezza , ma il primo in termini di accessibilità: il Perito Moreno. Accompagnati da una comitiva di arzille sessantenni giapponesi, pur non avvicinandoci in barca alla parete di ghiaccio, la osserviamo dalla passerella, minuti, ore aspettando un movimento anche impercettibile che scateni tuoni d’acqua impressionanti.  Al ghiacciaio non è necessario dedicare più di mezza giornata, a meno che non sia abbia la possibilità di guardarlo per una anno intero ogni singolo giorno e vedere come si muove e come cambia di forma e posizione.

Ma ci aspetta il parco che dicono essere il più bello di tutto il Sud America, lo Yosemite del Sud, mecca di camminatori ed escursionisti. Certo di camminatori ce ne sono tanti, ma quelli veramente appassionati si contano sulle dita di una mano. Il Parque di Torres del Paine, raggiungibile da Puerto Natales in Cile, è stupendo, nulla da dire, ma terribilmente caro e terribilmente iper-frequentato da turisti super tecnici che io, in confronto, con la mia magliettta verde a buchi, sembro una pastorella boliviana. Egregiamente scampati a più di un collasso, ne usciamo vincitori. Il Parco è famoso per il Circuito a W, e sembra vincere chi la fa con meno sforzo e con più roba della North Face addosso. Noi siamo arrivati a fare una “I” anche con un bel puntino e una “V” minuscola, e siamo molto felici comunque.

Segue Punta Arenas, sosta involontaria, malgrado potenzialmente possa avere il fascino di Amburgo, ci annoia, ci sfianca, ci fa intendere che siamo quasi alla fine, alla fine delle Americhe e alla fine del nostro viaggio. Eppure ci riserva delle sorprese una casa familiar tra le più luride mai viste in questo viaggio  e che ci mette a dura prova e l’ostello più efficiente visto fino ad oggi…meglio tardi che mai.del resto i cileni sono un po’ così, un po’ fuffa e e un po’ “efficientisti”!

E arriviamo a ieri, quando siamo partiti da Punta  Arenas per Ushuaia, abbiamo lasciato per l’ultima volta il Cile e rientrati per l’ultima volta in Argentina verso Tierra del Fuego…

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3 Comments

sera

December 13th, 2012

Ciao ragazzi, grazie per averci portato con voi nel vostro meraviglioso viaggio. Una parte di me non vede l’ora che torniate per rivedervi e sentire i racconti, un’altra parte vorrebbe che rimaneste via ancora a lungo… per portarci virtualmente con voi in giro per il mondo. Un abbraccio, Il Coccia (Federico)

Pandiario

December 13th, 2012

Fede che bello sentirti, siamo di ritorno esattamente domani!!! aiuto! torniamo felici più che mai e impauriti, ma sarà bellissimo anche lì, di certo…
Sera

sera

December 13th, 2012

anch io vi voglio ingraziare per avermi fatto rivivere il sapore argentino degli spazi infiniti e del vento secco sul viso…per sentire che certi sogni si possono realizzare..siete speciali..! un abraccio di buon rientro..Lisa

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