cronaca di un furto annunciato

Dopo Capurganà, piccola e accogliente malgrado il furto maldestro di un pugno di giovinastri dell’amata giacca di Carlo, subito dopo rinvenuta, “non possiamo” non andare alla famosa Cartagena, che di certo, se non nel suo lato più marcio e decadente, non ci fa impazzire, con un bel regalino in un bel lunedì di ponte con migliaia e migliaia e ancora migliaia di turisti colombiani impazziti, imbarcati su scialuppe grondanti di salsa e  merenghe. Tutti insieme appassionatamente approdati su Playa Blanca, quella che viene definita da altri amici viaggiatori, meta da non perdere, seh…!!Un incubo e un disagio interminabile, una di quelle esperienze che dopo dieci mesi ancora ci ostiniamo a dire “anche questo è il viaggio!”.

Ma iniziamo a conoscere la Colombia un pochino più a sud, dopo aver attraversato il Rio Magdalena fino ad arrivare a Mompos nella regione di Bolivar. Qui Francesco Rosi ambientò nell’87 la versione cinematografica di “Cronaca di una morte annunciata” di Garcia Marquez e qui, soffocati da una calura umida e densa, ha avuto luogo il giallo più giallo vissuto fino ad ora in viaggio…Entriamo a Casa Amarilla (la Casa Gialla), un secchio di pittura gialla all’ingresso ci fa presagire la presenza di una lavoratore estraneo all’hotel, forse un imbianchino, ma ovviamente non gli diamo gran peso. Siamo in pochi: noi, Rubi l’inserviente di fiducia che lavora qui ormai da quattro anni, lui, l’estraneo, l’imbianchino ingialliva le pareti, un turista nordico muto, un padre tedesco con un figlio di sette anni apparentemente cleptomane. Tutto avviene alla velocità della luce: noi lobotomizzati da internet seduti all’ingresso a dieci metri dalla porta spalancata della camera da letto e con tanto di borsello in vista…Uno sguardo sospetto dell’imbianchino nei paraggi della stanza mi fa però risvegliare dalla catatonia e mossa da un dubbio atroce mi dirigo in camera. Scartabello, rovescio, svuoto, bestemmio, digrigno, mi fermo, sudo freddo e caldo insieme, faccio mente locale, mototaxi, ristorante, colazione, tasca aperta, tasca chiusa…il portafogli non c’è. Il portafogli anti-ladro a forma di cartina di Chicago, si è volatilizzato e con lui tre carte di credito e 100 dollari.Immagino chi possa essere stato ovviamente, ma che fare? accusare senza prove? E se fosse stata Rubi o il bambino cleptomane? Chiamo Carlo…che con una velocità pachidermica “corre” e intravede il sospettato salire le scale. Il nostro, nel momento di turbolenza nega, già tremante, di aver visto qualcuno entrare nella camera, del resto non ha mentito, mica gli ho chiesto se era entrato lui in camera…insomma esce e, cavalcando la bici, si allontana senza una ragione precisa, ma al fischio di Carlo, mio eroe, ritorna ingenuo e incauto. Mi catapulto al ristorante della colazione, il dubbio dello smarrimento, come mi capita da 34 anni a questa parte, mi attanaglia, però lì nessuna traccia. Beh almeno mi sollevo dalla possibile figuraccia dell’ennesimo al lupo al lupo! Arrivo nerissima alla polizia che dopo avermi scortato all’hostal inizia a perquisire, a chiedere, a intimorire, mi allontano per un secondo  e in quel momento arriva l’ammissione del colpevole “ho trovato il portafogli per terra, ma volevo ridarglierlo!” e intanto per non perderlo me lo custodiva dietro il condizionatore…vabeh!!!. Insomma tutto è bene quel che finisce bene (con tanto di accento di Bellinzona)…io non ho fatto denuncia, gli ho fatto un’ inutile ramanzina alla PsicoSerafina e lui perde inutilmente il lavoro  visto che  ha lasciato intatti i miei averi. La notte ci è offerta generosamente dall’hotel e il giorno seguente alle 5 ripartiamo per un’interminabile viaggio per Barichara, nella regione di Santander, finalmente un po’di fresco.

Una cittadina bella, bellissima, artistica, educata…unico neo le formiche. Poverine di loro vive neppure la traccia, ma fritte e croccanti se ne trovano a chili. Dicono sia una delizia del posto: l’hormiga culona, certo proprio così, è talmente poco sostanziosa da mangiare che almeno scelgono quelle super dotate…peccato che oramai siano in via d’estinzione visto che friggono le femmine in fase di riproduzione, e come potete ben immaginare, l’impatto sulla specie è devastante. A Barichara il salto è breve ad un’ipotesi di trasferimento qui in Colombia, sembra un posto da sogno, quasi fin troppo perfetto, tanto che il richiamo di casa si fa sempre più forte.  A due ore di cammino scopriamo Guane, la versione più umile di Barichara, però più immobile, semplice, fiabesca, tanto che ci basta il sorriso di un artritico nonnino per restarne incantati. La domenica la trascorriamo come speravamo passarla da mesi: l’incontro fortuito con Ago, l’italiano contemplatore di professione, una, due, tre birre, partita e formiche culone come porta fortuna.

 

Tags: , , , , , , , , , , , ,

3 Comments

sera

July 17th, 2012

cazzo neanche una foto di una HORMIGA CULONA??? Dai!

Dovevano essere terribilmente minacciosi i pulotti che hanno fatto confessare il ladruncolo!
Dire che avete avuto culo mi sembra un eufemismo. Direi che avete avuto un CULONE degno di una HORMIGA!!!

Adesso mi googlo “hormiga culona”!!!

Oh, io continuo a seguirvi… in realtà sono in trepidante attesa del vostro arrivo in Patagonia.. ma a questo ritmo mi sa che c’arriverete a Natale. Il che peraltro sarebbe climaticamente perfetto.

Quindi… BUEN VIAJE TIOS!!!!!

sera

July 17th, 2012

↑↑↑↑↑↑Robba↑↑↑↑↑↑

Pandiario

July 20th, 2012

si robba arriveremo giusto prima di natale in patagonia, a natale in realta saremo come al solito a casa vostra!!!
era piu minacciosa serafina che il pulotti colombiani!!

Leave a Reply