mare dolce di nicaragua
C’è talmente tanto da conoscere del Nicaragua che anche se scrivessimo tutti i giorni saremmo in netto ritardo sul presente. Quasi vicini al termine del nostro viaggio in questo Paese, possiamo azzardare nel dire che è di gran lunga tra i posti che ci hanno legato e regalato di più. Dalle Corn Island, dopo un volo di 15 minuti che unisce Big Corn a Bluefields, riattraversiamo tutto il paese. Il viaggio alterna film con Steven Seagal a musica tipica, la Punta. Nel dormiveglia veniamo a conoscenza dell’assalto di un bus che di poco ci precede e tentiamo di capire come nascondere il più possibile, soldi nelle scarpe e nelle mutande, I-phone nel reggiseno…in realtà falso allarme. Arriviamo nolenti a Managua, quella notturna, quella che spaventa anche i suoi cittadini; come rifugiati politici siamo scortati da un tassista di fiducia in un “elegante” hotel, ovviamente fuori portata, ma l’unico che ci accoglie alle undici di sera. Gongolandoci, come bambini, tra l’acqua calda della doccia e l’aria condizionata a temperature alaskesi, progettiamo i movimenti successivi. Ci spostiamo a Granada; coloniale, semplice, ma che piace. Qui ritorniamo alla vecchia abitudine ciclista, che ci riserva una bella ruota bucata. Però è valsa la pena pedalare lungo la Penisula di Asese e vedere i cavalli pascolare sulla spiaggia di un lago a forma di mare dal sapore dolce e grande come la nostra Umbria. Si tratta dell’indimenticabile Lago di Cocibolca (Lago di Nigaragua), che fino a qualche anno fa ospitava lo squalo leuca, l’unico d’acqua dolce, estinto per mano della famiglia Somoza, che ne vendeva le pinne ai cinesi. Granada offre tanto; passiamo per il Cafè Las Sonrisas in cui lavorano persone sordo mute, che hanno costruito l’amaca più grande che abbiamo mai visto. Questo come tante altre situazioni ci fa intendere che il Nicaragua ha una sensibilità speciale per le disabilità e si distingue per un programma nazionale di promozione di programmi speciali e inclusivi. E da Granada è un passo iniziare a comprare le ceramiche dei Pueblos Blancos di Masaya e andare in bancarotta. Niente però è più incantevole della vista, dall’alto di Catarina, della Laguna Apoyo, fino ad intravedere come un miraggio lontano l’isola di Ometepe, una delle mete più importanti di questo viaggio. Arriviamo lentamente su una lancia pachidermica e ci rifugiamo nel posto che offre la migliore vista di tutta l’Isola, la Finca Magdalena, un chilometro e mezzo di fatica in salita, che ti ripaga con il Vulcano Madera alle spalle e il lago e il Vulcano Concepcion, sempre fumante, di fronte. Nulla da invidiare all’energia del Lago Atitlan in Guatemala. Anche qui preferiamo pedalare e anche qui un gringo, come sempre, arriva in aiuto, così da poterci vantare di aver fatto il giro in bici di metà isola…sul suo pick up ovviamente.Centro della nostra attenzione è l’Ojo de Agua. Una piscina di acqua di fiume da resort alla nostra maniera, con tanto di Cocco Loco a bordo piscina. Niente di più turistico, niente di più rilassante. Ma dobbiamo dire che tra tutte le sfid(gh)e che questo viaggio ci ha chiesto di affrontare, la scalata del Vulcano Madera ( tra l’altro il più basso e meno interessante dei due) si è rivelata quella più estenuante, debilitante e infida. Cinque chilometri, quattro ore di salita rocciosa, calda e umida e in cima una non vista, diremmo snervante da quanto è deludente. Ma la discesa!! quella è stata un vero e proprio incubo, impervia, scivolosa, cinque ore di terrore, tanto stancante da non goderci neppure l’arrivo e noi tanto schiappe che il texano Roger supersize che era con noi è arrivato un’ora prima.
4 Comments
sera
May 21st, 2012
Carlet, è ora di tornare sul pizzo Uccello!
May 21st, 2012
Dici che dovremo andare li????? Mah quando torno ne parliamo…
May 21st, 2012
dovremo
sera
June 20th, 2012
un gruppo di audaci sta anche organizzando l’ascesa al monviso, l’uccello è solo un tappa.
gen
4